In queste dichiarazioni si può sintetizzare il senso di una ragione collettiva che sta cercando di ritrovare la via di casa.
Come orientarsi? Cosa pensare? Come prendere posizione senza “fare spallucce” dinanzi a un dramma che balza alle cronache e diviene immediatamente cerimonia collettiva sui social network e nell’informazione? Di questo avvenimento si scriverà a oltranza, scorreranno fiumi d’inchiostro, si animeranno le tribune mediatiche della contestazione e dell’establishment allo stesso tempo.
Eppure, da cittadini medi quali siamo, inermi davanti al delirio della sottrazione della vita di altri esseri umani trasmessa in prima serata al grido di “Allah è grande”, rimane intatto tutto lo sgomento di chi non ha padronanza, né la può avere, degli strumenti utili alla comprensione di quanto accaduto. Si esprimeranno i sociologi, studierà il caso l’antiterrorismo, si arrabbatteranno i giornalisti per essere i primi a cavalcare il sensazionalismo della prima ora, si affaticherà la tracciabilità di internet per offrirci link più aderenti al nostro sentimento e più vicino alla nostra pancia che non alla necessità di comprendere. Sì, ci sarà anche questo, l’immanenza del cookie (i “cookies” sono “ingredienti” che il nostro computer registra memorizzando traccia delle nostre preferenze web, per poi suggerire immagini e collegamenti contestuali ai nostri interessi sui motori di ricerca o sui social come Facebook), che disegneranno la via maestra del nostro disappunto, permettendo al nostro programma di navigazione (browser come Explorer, Firefox, Safari, Chrome…) di invitarci a cliccare su quelle analisi tematiche che ci vedono consenzienti. “I cookies”, padroni di questo gioco casualità e marketing, tra l’emotività collettiva e il denaro, diventano paradigma di una società intera, di un mondo che ospita al suo interno quegli “ingredienti” che attengono al suo orientamento e alla sua destabilizzazione. Esattamente come nel cuore di un’Europa che si vorrebbe libera, ugualitaria, fraterna, cresce e si nutre la mano armata che procede alla sottrazione materiale di libertà, uguaglianza e fraternità. Ecco, proprio da questo paradosso riparte la domanda “chi sono, io?”.
Per tentare un approccio francese a questa domanda, si possono prendere in prestito le parole del poeta, di quello scrittore francese che ha fatto del caso e del suo mistero il suo manifesto letterario: André Breton. Breton, nel 1928, nel suo romanzo-manifesto dal titolo “Nadja”, simbolo di un’epoca e di quella che sarà poi annoverata nel mondo dell’arte come la corrente del “surrealismo”, scrive: “Qui suis-je”, “chi sono, io? chi frequento, chi infesto?”. E continua: “chi sono, io? Debbo riconoscere che questa espressione porta fuori strada, mi riconosce da vivo, il ruolo di un fantasma. Stabilisce tra certi esseri e me, rapporti esclusivi, meno evitabili, più conturbanti di quanto non pensassi…”. Ebbene, Breton insegna che “indizi” apparentemente scollegati sono in realtà la scrittura sensibile di un ragionamento intestino. Mettere in relazione elementi e accadimenti della nostra vita che sembrerebbero essere ininfluenti, dà la chiave di lettura per comprendere le ragioni dell’esistenza. La combinazione di senso e accidenti, di sentimento e ragione, di intuizione e avvenimento, è disarmante, per una comprensione radicale che c’è nella relazione intima tra effetto e causa, che va ben oltre il semplice lascito letterario dello scrittore francese e la cui portata, mi sia concesso dirlo, non è ancora stata del tutto compresa e indagata.
Al di là delle connessioni tra indizi apparentemente insignificanti e analisi psicologiche, il senso della nostra vita, di queste righe, del dramma di Europa e Charlie Ebdo, non è forse tutto condensato qui?! Come inquadrare un sentimento di impotenza davanti alla morte? Come ricollocare le convinzioni laiche cuore d’Europa nel contesto di questi avvenimenti?
Un altro strumento è fare ricorso alla nostra cultura millenaria, alle radici, alla mitologia.
Nel suo viaggio disperato di ritorno verso la sua casa, Itaca, dopo aver combattuto la guerra a Troia, il prode Odisseo tra mille peripezie avrà la ventura di imbattersi in un gigante mangiatore di uomini con un solo occhio, Polifemo. Ulisse (Odisseo), affronta questa prova con l’astuzia, prima che con la forza, riuscendo infine ad accecare il gigante e a riprendere la via di casa con i suoi. “Io sono Nessuno“, pronuncia Ulisse: “intrappolati nella caverna del Ciclope, il cui ingresso era bloccato da un masso enorme, Ulisse escogitò un piano per sfuggire alla prigionia di Polifemo. Come prima mossa, egli offrì del vino dolcissimo e molto forte al Ciclope, con l’intento di inibirgli i sensi ed indurlo in un sonno profondo. Polifemo gradì così tanto il vino che promise a Ulisse un dono, chiedendogli però il suo nome. Ulisse, astutamente, gli rispose allora di chiamarsi “Nessuno” “E io mangerò per ultimo Nessuno”, fu il dono del ciclope” (cit. Wikipedia).
(EL)« ἔνθα δ’ ἀνὴρ ἐνίαυε πελώριος, ὅς ῥα τὰ μῆλα οἶος ποιμαίνεσκεν ἀπόπροθεν: οὐδὲ μετ’ ἄλλους πωλεῖτ’, ἀλλ’ ἀπάνευθεν ἐὼν ἀθεμίστια ᾔδη. καὶ γὰρ θαῦμ’ ἐτέτυκτο πελώριον, οὐδὲ ἐῴκει ἀνδρί γε σιτοφάγῳ, ἀλλὰ ῥίῳ ὑλήεντι ὑψηλῶν ὀρέων, ὅ τε φαίνεται οἶον ἀπ’ ἄλλων. » |
(IT)« Qui un uomo aveva tana, un mostro, Che greggi pasceva, solo, in disparte, E con gli altri non si mischiava, Ma solo viveva, aveva animo ingiusto. Era un mostro gigante; e non somigliava A un uomo mangiator di pane, ma a picco selvoso D’eccelsi monti, che appare isolato dagli altri. » |
(Omero, Odissea, libro IX, vv. 187-192. Traduzione di R. Calzecchi Onesti) |
Chi è chi?
In questo gioco al massacro, in cui tutte le teorie hanno terreno facile, dall’estremismo sanguinario all’intolleranza religiosa, dal complottismo interno alle guerre di civiltà, alcuni dati non possono non far riflettere. Da chiunque sia stata armata la mano che ha terminato la vita di altri esseri umani, resta il fatto che quella mano sia una “mano interna”, cresciuta a pieno titolo in terra d’Europa. I musulmani sono cittadini europei, rappresentano la seconda religione d’Europa dopo il cristianesimo. Pensare a loro come “stranieri” non fa altro che far sentire tutti gli altri ancor di più, se non fosse già abbastanza, come “stranieri in patria”. E che la questione sia tutta culturale, non c’è dubbio. I terroristi sono il prodotto di sottoculture delle periferie urbane degradate. Qui, chi arma la mano del disagio, trova terreno facile.
“È da ieri sera che appena mi siedo vicino a qualcuno sul treno, leggo paura e diffidenza nei suoi occhi, oltre a sentire qualche mormorio, a volte in lingue diverse, che stranamente riesco a decifrare. Fa molto male. E l’unica cosa che mi viene da fare è sorridere in faccia a chi mi fissa per rassicurarlo. Vorrei parlargli, spiegargli, raccontargli di Ahmed, il poliziotto musulmano freddato, ma sto zitta e cerco di mimetizzarmi il più possibile” (Fatima K.).
L’Europa, intanto, vive uno dei punti cruciali della sua storia. Non è un segreto per alcuno che la zona Euro sia in enorme difficoltà. Il debito pubblico di nazioni come Grecia, Italia, Spagna, Francia e Portogallo è un malato cronico. Le medicine utili sembrerebbero essere l’inflazione (invisa ai tedeschi) o una uscita concordata dall’euro (invisa alle classi dominanti).Una difficoltà economica che si riverbera nella discussione in atto: mussulmani e cristiani, un attacco nel cuore dell’Europa, la libertà di parola e lo “scontro di civiltà”. Civiltà. La civiltà presuppone un elevato livello culturale. Solo l’ignoranza alimenta le guerre istituite dagli interessi di classi dominanti. Trovare spacciatori e gang disposte a tutto è possibile nelle favelas, meno altrove. Così come è vero che degrado e ignoranza generano solo degrado e ignoranza, è vero che le voci fuori dal coro mettono in discussione i poteri costituiti, tutti. Charlie Ebdo era una pubblicazione scomoda. Checchesenedica era ed è invisa a molti. Come fatto notare da più parti, non si può liquidare questo dramma scrivendo “Je Suis Charlie”. No, non è così facile come sembra. Per citare un post appena letto “scrivere “Je Suis Charlie” sta a significare che sei a favore della libertà d’espressione. La satira, come è giusto che sia infatti non guarda in faccia a nessuno. Significa accettare OGNI tipo di battuta. Su Allah, certo, ma anche su Dio, sul papa, sulla Francia, sull’Italia, sulla vita, sulle malattie, sulla morte, sui politici, sui calciatori, su quel cantante che ti piace tanto e soprattutto su te stesso, cittadino medio. Sei sicuro di potercela fare? (…)“. Quello che colpisce, oltre alla follia della mano attentatrice, è la presenza di menti pensanti tra le vittime come Bernard Maris. Una figura di economista no-global che ha fatto gridare al complotto. Del resto la storia insegna che aerei sono stati fatti precipitare per molto meno, così “i complottisti” hanno terreno facile. Che diceva Maris? Che l’euro è la malattia del sistema.
“Quanto detto sarebbe, dice Maris, come il Trattato di Versailles, nel senso che oggi difendere l’Euro ad oltranza sarebbe il modo di rendere l’Europa odiosa per sempre, fare spazio ai più stretti nazionalismi ed inimmaginabili disordini. Invece l’uscita concordata dall’Euro avrebbe il merito di preservare qualcosa dell’Unione Europea”.
Eurozone deflation is now inevitable. There is no way around it. We think yields on German 10-year Bunds will fall to 0.42% next year. The ECB is presiding over a deflationary disaster. They need to act fast and aggressively or else markets will start to attack Italian debt. Italy’s nominal GDP is falling faster than their borrowing costs and that is pushing them towards a debt spiral
Andrew Roberts, è analista-capo per l’economia europea alla Royal Bank of Scotland, quindi d’accordo, è un britannico che pensa da britannico, ma in questo caso la sua previsione è molto vicina a quella del francese Maris, ossia quella secondo la quale lo Tsunami ci sta sopra.
Non ci sono cure immediate per questo attacco. Non ci sono perché è un lavoro che va fatto dalle fondamenta, lì dove rischia di cedere il palazzo. Il lavoro è culturale, ora più di prima. Ora più di sempre. Poi verranno gli economisti a dirci che avevavno previsto tutto, i sociologi a raccontarci che così va il mondo anche quando non va, gli analisti a pontificare su questo complotto o su quello, i politici a cavalcare questa o quell’onda emotiva per una manciata di consensi.
Ma sì, mettiamo pure insieme i fatti secondo la “logica francese” di Breton: Ebdo, satira, potere, emotività collettiva, denaro, redattori scomodi, ingredienti, complotto, ritorno a Itaca, il mostro, Ciclopi, dei e mortali, Europa.
Charlie Ebdo uscirà con migliaia di copie. Le teste di cuoio francesi faranno il loro mestiere. Per il resto ci sarà la cronaca. Lo sgomento è il cuore di questa storia.
Sì, io sono Nessuno. Vorrei tornare a casa.